Un disco che s’intitola “Day Of The Immense Sun” non può che provare ad illuminare tutto ciò che lo circonda, e in effetti il lavoro dei Tokyo Suicide sembra seguire una luce ben precisa, che non si rassegna a spegnersi superata la metà di una tracklist lunga, ma tremendamente evocativa.
I Tokyo li conosciamo già: abbiamo avuto occasione di parlarvene qualche settimana fa, in occasione dell’uscita dei loro singoli, e quindi non potevamo certo permetterci di perderli di vista ora che sono finalmente tornati con un disco maturo, certamente ambizioso ma all’altezza di quelle che sono le speranze di un trio davvero ispirato, supportato in regia dalla presenza del deus ex machina Derek Sherinian – insomma, non proprio “un disco tanto per fare un disco”.
E in effetti già i singoli avevano lasciato assaporare la resa efficace di nuove sperimentazioni, pronte ad articolarsi attraverso il giro di giostra di una formazione rinnovata e arricchita di nuove possibilità: un trio che ingloba lo slancio femminile di una voce giusta, oltre che nuove soluzioni espressive – rispetto al disco precedente, datato 2020 – che ammiccano ad un cross-over di generi che non intende tuttavia slegarsi dalla chiave progressive del collettivo.
Tredici canzoni che fanno vivere l’ascolto come una montagna russa, attraverso cambi di sfondo e di scelte emotive pronte a convincere l’ascoltatore fin dal primo play: un assalto all’arma bianca al nostro diffuso “deficit d’attenzione”, capace di inchiodarci grazie ad una narrazione musicale, prima ancora che poetica, davvero efficace.
Insomma, aspettative rispettate e confermate per un progetto in rampa di lancio, che ha solo bisogno del giusto slancio dal pubblico per poter spiccare il volo. Consapevole, poi, che tener quota sarà tutto un discorso di coraggio, sudore e curiosità.

Manuel Apice è la somma delle sue domande senza risposta; ci convive bene tranne quando dimentica il suo nome. È laureato in Discipline della Musica e del Teatro all’Università di Bologna, fa il cantautore ed è il vincitore del Premio Fabrizio De André 2018. È sopratutto però un inguaribile narciso, con evidenti problemi di gestione nel controllare l’autoreferenziale abitudine a parlare di sé in terza persona.