Sempre dalla parte del torto è il titolo del nuovo album della Banda POPolare dell’Emilia Rossa. Un disco interamente finanziato con una campagna di crowdfunding che ha superato il 150% dell’obiettivo stabilito, raccogliendo donazioni da 280 sostenitori, forte anche della presenza di featuring di gran rilievo come ‘O Zulù (99 Posse), i Modena City Ramblers, i Gang, Kento e Marcello Coleman. Ecco cosa dice la band a proposito dell’album!
Sindacalisti e musicisti di professione. Quando e com’è nata l’esigenza di fondare una “banda popolare”?
L’esigenza di fondare la nostra band nasce il 25 aprile 2011 quando, stanchi di celebrazioni istituzionali del giorno della Liberazione dal nazifascismo fatte a mo’ di “messa cantata”, siamo saliti su un camion, ci siamo accodati al corteo ufficiale e abbiamo iniziato a suonare i pezzi tradizionali della resistenza in versione rock conquistando i manifestanti. Il nostro nome è un’evidente quanto warholiana distorsione del nome della nota banca emiliano romagnola. Infatti anche il nostro acronimo è BPER. Un modo per prendere in giro il modello emiliano, cosa che facciamo anche nel brano AEmilia paranoica contenuto nel nuovo album.
Ci spiegate quel “POP” maiuscolo nel nome “Banda POPolare Dell’Emilia Rossa”?
Quel POP è una citazione/omaggio agli Area, che si definivano International POPular Group appunto. Non perché vogliamo imitare la loro musica inimitabile, ma perché abbiamo la stessa loro visione della musica come strumento di comunicazione e di lotta politica e sociale per cambiare il mondo.
In che rapporto sta il vostro nuovo album “Sempre Dalla Parte Del Torto” con la vostra discografia precedente?
Crediamo sia un’evoluzione dei nostri lavori precedenti che ci soddisfa molto. La partecipazione di diversi artisti – compagni – amici quali Modena City Ramblers, Zulù dei 99 Posse, i Gang, Kento e Marcello Coleman hanno indubbiamente impreziosito ancor più il lavoro.
Vi è capitato di ricevere in particolare qualche critica musicale negativa riguardo ai temi che trattate nei brani, al di là polemiche politiche in sé che immaginiamo non saranno mancate?
In tutta sincerità no, non ci è capitato. Abbiamo avuto diverse recensioni molto positive e lusinghiere, forse anche perché ormai siamo rimasti in pochissimi a fare musica militante e di qualità nonostante ce ne sia un bisogno endemico visto quanto a rotoli sta andando questa società. Abbiamo anche la sensazione che il settore musicale e artistico abbia per la stragrande parte lo sguardo rivolto altrove, verso un’arte qualunquista e disimpegnata oltre che anche musicalmente molto omologata. Noi per parte nostra continuiamo per la nostra strada.
Inserire un brano come “Bella Ciao” può sembrare scontato per un gruppo militante, ma la vostra versione dà un’interpretazione molto fresca e nuova della canzone. Ci raccontate com’è nata questa versione?
Da un lato, visto che ormai a cadenza regolare c’è sempre qualche esponente delle istituzioni che la vieta perché giudicata “divisiva”, è nata per ribadire che noi siamo decisamente una band divisiva, orgogliosa di esserlo. In secondo luogo perché ci sembrava il momento di dare, come dire, “una riverniciatina a casa” portandola nella direzione che anche voi correttamente individuate. Per proteggere e rafforzare un edificio a te caro, ogni tanto devi dare un colpo di stucco e rifare l’intonaco.
Scegliere un brano preferito dall’album si dice spesso che è come scegliere il proprio figlio preferito. Ma c’è un brano in particolare che secondo voi può passare più in sordina rispetto ad altri e meriterebbe invece più attenzione?
Domanda sempre molto difficile. Sicuramente “La fabbrica di mattoni” è un brano che merita di essere ascoltato e ragionato. Sia musicalmente che dal punto di vista testuale. Una canzone ispirata alla vera storia del nonno del nostro cantante, partigiano a cui rendiamo omaggio sopravvissuto al campo di concentramento di Neuengamme, un lager soprannominato appunto “la fabbrica di mattoni”. È un brano che prova a scavare nelle viscere e nella coscienza partendo dall’intimo per ingenerare l’odio di classe verso il nazifascismo.
Quali sono i progetti che avete in cantiere per continuare a promuovere l’album?
Abbiamo in programma nelle prossime settimane le riprese del videoclip della canzone AEmilia paranoica che è il vero e proprio inno di questo nuovo album.

Manuel Apice è la somma delle sue domande senza risposta; ci convive bene tranne quando dimentica il suo nome. È laureato in Discipline della Musica e del Teatro all’Università di Bologna, fa il cantautore ed è il vincitore del Premio Fabrizio De André 2018. È sopratutto però un inguaribile narciso, con evidenti problemi di gestione nel controllare l’autoreferenziale abitudine a parlare di sé in terza persona.