Abbiamo ascoltato il nuovo disco (il primo) de La Preghiera di Jonah, e sin dal titolo abbiamo intuito che di fronte avevamo qualcosa di diverso dal solito album di debutto.
Sì, perché “E così sia” è in effetti la proiezione più efficace di un progetto che, negli ultimi anni, ha saputo attrarre l’attenzione di addetti al settore e semplici curiosi, anche grazie ad un paio di scelte ben oculate: in primis, certamente, il featuring con EDDA, poi la collaborazione riuscita con i ragazzi di La Clinica Dischi; insomma, le varie scelte del progetto campano hanno portato “E così sia” a diventare crocevia di incontri, frutto di un lavoro plurimo che spicca fin da subito per compattezza ed identità.
Il disco è un vero e proprio decalogo generazionale, che pur nell’intimismo della sua scrittura apre spiragli a vere e proprie riflessioni dall’afflato collettivo: basti pensare al disagio della periferia raccontato in “Case Popolari”, o al dolore della perdita di “Giulio”; in “Mario”, i ragazzi toccano con la delicatezza tipica della canzone d’autore un episodio che pare di mera cronaca nera, un delitto “amoroso” che si consuma attraverso la narrazione secca e truce del brano. O ancora, la tematica del “corpo svelato”, della fluidità di genere e della rinascita personale che passa attraverso la scrittura intima e quasi commovente di “Milano”.
Anche laddove si annida lo “sporco” di un’organicità sincera, la scrittura e le immagini di “E così sia” esprimono genuinamente la pretesa di onestà intellettuale di un disco che non si fa troppi problemi a parlare “pane al pane, vino al vino”, lasciando che le cose “siano” liberamente, senza vincoli di posa, di moda o di “politicamente corretto”. E non è facile, oggigiorno, trovarsi di fronte a lavori del genere.