Matteo Ferrari ci racconta il suo “Maramao”

Matteo Ferrari ci racconta il suo “Maramao”

Abbiamo chiacchierato con Matteo Ferrari. L’artista trentino, già noto per lo spettacolo “Maramao, canzoni tra le guerre”, ha pubblicato il disco “Maramao”, che racchiude proprio 14 brani tratti dal live. Un progetto che guarda alla bellezza del passato e alla sua importanza culturale. Noi l’abbiamo intervistato, ecco cosa ci siamo detti!

Ciao Matteo, grazie per l’intervista. Su Nowerise scriviamo di musica, cinema e spettacoli. Tu sei quindi l’ospite perfetto, da sempre impegnato in diverse forme d’arte. Partiamo da qui. Quando e come hai iniziato ad esprimerti?

A mia madre era stato detto di cantare durante la gravidanza, così il bambino avrebbe apprezzato la musica. I miei genitori, amanti entrambi della musica, non hanno esitato un attimo e hanno cantato di tutto come pazzi. Ecco come ho iniziato! Da bambino ho cominciato la mia formazione artistica nella scuola musicale del mio paese, Borgo Valsugana. Il canto corale è sempre stato la mia passione principale. Dopo il liceo mi sono diplomato alla Bernstein School of Musical Theater di Bologna.

Veniamo a ”Maramao”, che ci ha piacevolmente colpiti perché, in un’epoca (la nostra) nella quale regna un profondo egocentrismo narrativo nella musica di molti artisti, tu hai in realtà rimesso al centro la musica e la tua passione per essa. Sei d’accordo?

Non essendo un cantautore, ho interpretato il lavoro di altri, perché è quello che penso di saper fare. L’epoca scelta, gli anni fra le due guerre, sono stati fondamentali in Italia dal punto di vista musicale perché hanno visto l’incontro di culture e generi diversi.

Hai voglia di dirci, per ogni brano del disco, il perché della sua scelta? Magari hai anche qualche racconto particolare…

S’inizia con “Ti parlerò d’amore”, un carillon che ci porta indietro nel tempo. Quasi senza interruzione, si passa a “Tu, musica divina”, un inno alla musica. Sì prosegue con la prima uptempo dell’album, “Vivere”, in cui si celebra la spensieratezza. “Lontano” è un tango che con i suoi cromatismi musicali evoca atmosfere notturne. “Lili Marlen” e “Mamma” ho deciso di collegarle, per dare il lieto fine alla storia del soldato. “A Zonzo” rompe l’atmosfera e racconta, in maniera molto comica, la ricerca della felicità.

 “Cerco una ragazza” apre la seconda parte dell’album, ancora una volta si parla di ricerca della tranquillità e serenità. In “Parlami d’amore, Mariù” il protagonista implora l’amore della sua donna. “Tornerai” rompe con tutto ciò che s’è sentito prima, perché ha un arrangiamento di sole voci, sovraincise da me e da Sara D’Angelo, una mia amica e collega. Gli strumenti tornano in “Vergiß mein nicht”, versione tedesca di “Non ti scordar di me”. 

In “Mille lire al mese” torna il tema della ricerca della felicità. Ne “Il pinguino innamorato” ho voluto dare un lieto fine alla storia: non si può morire d’amore, nemmeno un pinguino può! Maramao si conclude con il capolavoro “Ma l’amore no”, primo singolo estratto dall’album.

Cosa puoi raccontarci della genesi complessiva dell’opera? Dove per opera intendiamo il tutto tondo composto da disco e spettacolo teatrale.

È nato tutto dalla passione che nutro nei confronti di questa musica. Penso che essa sia un punto d’incontro fra la mia formazione in musical theatre e il mio essere italiano perché attinge ai miei ricordi personali. Chi non ha mai sentito, anche di sfuggita, “Maramao, perché sei morto?”.

Da non tralasciare l’artwork e il lavoro fotografico che accompagnano e arricchiscono Maramao. Copertina e foto devono avere il potere di descrivere l’opera e insieme completarla…

Volevo che tutto ruotasse attorno al concetto della riscoperta, della valorizzazione, dei ricordi personali. Ho formato una squadra di amici e colleghi veramente bravi, abbiamo girato il servizio fotografico del libretto in un vecchio mulino abbandonato di Borgo Valsugana, dove lavorava mia nonna, e in un ponte dal sapore molto americano, situato sempre nella bassa Valsugana.

Un artista come te, così rivolto al passato e per il quale la performance live è fondamentale, forse più del disco stesso, come vive nell’era del digitale e della musica liquida?

Riconosco la praticità della musica in formato digitale ma non è l’esperienza d’ascolto che prediligo. Venendo dal musical theatre, sono abituato ad essere catturato anche dalla vista.

By |2022-02-21T19:00:51+01:00Febbraio 2022|interviste, musica|